A cura di Ultra Ordinaire (Nathalie Bruyère& Pierre Duffau) e Maria Christina Hamel
Oggetti realizzati con stampanti 3D da Artilect, Espacio Open e Mio Cugino.
Ultra Ordinaire – Nathalie Bruyère & Pierre Duffau – e Maria Christina Hamel presentano Liquid Block, una esplorazione delle nuove possibilità date dalla stampa 3D in grado di valorizzare la rete dei Fablab e dei Makers Space diffusi in Europa.
La ricerca per Liquid Block è stata effettuata dal collettivo francese Ultra Ordinaire – fondato da Nathalie Bruyère e Pierre Duffau dello studio di architettura e design Duffau&Associés – e dalla designer austriaca Maria Christina Hamel attraverso il dialogo e la collaborazione fattiva di una rete di Fablab e di Makers Space europei: a Tolosa (Francia) A+B Design, Ultra Ordinaire (Cécile Laporte e Irina Pentecouteau) e Artilect; nei Paesi BAschi, in Spagna, Arquimaña e Espacio Open; a Milano (Italia) Maria Christina Hamel e Mio Cugino.
La valorizzazione e l’uso consapevole delle tecniche di produzione permette di sviluppare simbologia, forma e texture inedite per 3 tipologie classiche di accessori per la tavola – piatto, coppa, tazza.
La sperimentazione condotta per Liquid Block si scontra con la cultura del design come moda e come fonte di riconoscimento sociale. Gli obiettivi sono quelli di creare risorse utili innovando attraverso la qualità, il collegamento tra i diversi know-how europei, la sperimentazione e la costruzione di una rete di lavoro.
Nathalie Bruyère & Pierre Duffau di Ultra Ordinaire – coadiuvati in questa ricerca da Maria Christina Hamel – spiegano il senso della loro ricerca con queste parole: “Noi vogliamo vivere del nostro lavoro, creare delle risorse utili, creare un’utilità da cui derivi il riconoscimento dal e del nostro lavoro, delle competenze; noi vogliamo promuovere una società in cui la conoscenza sia condivisa, conoscenza che deve essere libera di espandersi e circolare. È inutile creare valore aggiunto relativo, dei valori di scambio senza sprechi di sovrapproduzione; il lavoro di oggi ha già raggiunto un livello di produttività tale da creare e trasferire più valore di quello necessario per vivere. Dobbiamo costruire una rete di lavoro, concentrarci a creare delle distribuzioni a raggio corto, a formare dei collegamenti tra i diversi know-how europei; bisogna concentrarsi a creare delle reti di distribuzione che garantiscano l’innovazione attraverso la qualità, la risposta alla vivibilità. Dobbiamo porre fine all’auto-inganno, il cui prezzo viene pagato dai creatori e dagli utilizzatori che rinunciano al controllo della propria vita a scapito di un progetto sostenuto dalla cultura del consumismo, dalla crescita economica e dal profitto, che non è più sinonimo di progresso”.
La risposta progettuale, sociale e culturale individuata da Ultra Ordinaire è quella di sviluppare l’esperimento, lasciargli un margine di manovra attraverso l’autoproduzione, cercare di diffondere e preservare le competenze artigianali, sviluppare l’iper industria, per sostenere il progresso in termini di qualità di vita e non solo di crescita. Questa è un’idea di progresso che si basa sull’organizzazione e lo sviluppo sociale ed ecologico. Perché “Lo spazio ideale non è ergonomico, ma cultura. Una cultura condivisa con tutti, una cultura che crea forme che durano, oggetti comprensibili. Bisogna radicalizzare il nostro approccio, ricordando le lezioni tratte dalla storia”.