A cura di Nathalie Bruyere
In collaborazione con l’Istitut superieur des Arts de Toulouse
La mostra “Global Tools, oggi: pensare/fare e fare/pensare” presenta i progetti realizzati da Camille Platevoet (su co-design), Irina Pentecouteau (sul sensitivo e l’interactività), Cécile Laporte (su Km0) e Coralie Gourguechon (su open-design), quattro giovani designer diplomati presso l’Institut supérieur des arts de Toulouse. I lavori sono stati realizzati nell’ambito del progetto di ricerca del design dell’IsdaT beaux-arts, Global Tools oggi.
Al fine di costruire un insieme critico di metodologie che estendono le domande portate dai diversi movimenti dell’architettura radicale in Italia negli anni ‘70, il progetto dell’Institut supérieur des Arts de Toulouse (isdaT) coordinato da Nathalie Bruyere, ha iniziato una ricerca intorno alla scuola di non- architettura o non -design Global Tools.
L’isdaT sviluppa con i suoi studenti e gli attori principali della Global Tools, scambi ed esperimenti volti a mettere in luce le caratteristiche di questo movimento di design radicale storico e il contesto delle pratiche contemporanee, riallocando gli strumenti, i metodi e l’azione del designer. Così, dal 2011, il progetto si nutre di scambi e interviste – con Ugo La Pietra, Alessandro Mendini, Andrea Branzi, Gianni Pettena, Gaetano Pesce e Franco Raggi -; di ricerche negli archivi di questi attori di Global Tools; di esperienze nei laboratori dell’istituto e fuori dalle sue mura; di produzioni promosse da studenti, insegnanti e laureati dell’istituto sulla co-progettazione, open -design, interattività, Km0 e tracciabilità locale e globale.
Partendo da una opposizione alla cultura dominante del movimento moderno, gli attori all’origine del Global Tools hanno posto la cultura popolare al centro della loro ricerca attraverso l’uso di tecniche povere. La cultura pop, di primaria importanza negli anni ‘60, è stata uno dei motori che ha favorito una dinamica che mette in discussione la città statica, costruita in pietra, ritenuta dagli architetti troppo convenzionale. Global Tools ha voluto creare oggetti per rianimare questa città morta.
Il movimento Global Tools si è spento rapidamente, non avendo identificato e messo in atto gli strumenti necessari alla sostenibilità del gruppo e al rinnovo delle esperienze. Chiaramente, le tecniche povere non erano in grado di fornire delle risposte pertinenti alle domande nate in opposizione alle teorie della Scuola ULM.
Le costruzioni teoriche, così come i progettisti dell’epoca, sono stati risucchiati con estasi dal capitalismo.
Il duo ricerca/progetto mira a sviluppare una «conoscenza astuta», per rinnovare domande sul design attraverso confronti interdisciplinari, per comprendere meglio i problemi che si presentano oggi e quelli che potrebbero farlo un domani. Per arrivare a mettere in discussione i concetti di comfort, di qualità degli spazi e degli oggetti del domani, dobbiamo mettere in discussione il design e la sua relazione con l’economia, con gli strumenti di produzione e distribuzione e, naturalmente, inserirli nel contesto della città.
(Nathalie Bruyère)
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